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BEATO GIOVANNI COLOMBINI (1304-1367)

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Tratto da "Senesi da ricordare" di Marco Falorni.

Beato.

N. Siena, 1304 circa - m. S. Salvatore sull'Amiata, 31/7/1367

E' da considerare uno dei grandi mistici di Siena, decisamente troppo trascurato dalla storiografia ufficiale; figura di grosso rilievo, che ebbe notevole influenza sulla società e sugli avvenimenti politico-religiosi del suo tempo. Proveniente da antica e nobile famiglia senese, il Colombini fu giovane colto e brillante, amante della vita mondana; la sua casa in Siena era situata in Piazza Postierla. Divenne poi un ricco mercante di drappi e stoffe pregiate, continuamente in viaggio tra Siena e Perugia, dove possedeva un altro negozio.

Ebbe pure importanti cariche pubbliche, ricoprendo anche l'alto ufficio di Priore del Consiglio del Popolo durante il Governo dei Nove. Il potere economico e politico di cui godeva, il lusso di cui amava circondarsi, ne avevano però fatto uno dei più sfaccendati ed egoisti gentiluomini della città, nonostante la benefica influenza che esercitava su di lui la moglie Biagia. I pochi biografi del Colombini, fra cui citiamo Feo Belcari, danno per fulminea la sua conversione, avvenuta, sembra, nel luglio 1355, dopo la lettura della vita di S. Maria Egiziaca. Si ha invece ragione di ritenere che essa, pur esplodendo tumultuosa, sia maturata lentamente.

Bisogna intanto considerare l'influenza che potrebbe avere avuto una serie di eventi calamitosi di cui il Colombini ebbe diretta esperienza. Ci fu, per esempio, la tremenda pestilenza del 1348 e ci fu, qualche anno dopo, il violento rovesciamento del Governo dei Nove, durante il quale scoppiarono gravissimi disordini nella città e molti noveschi furono barbaramente trucidati. Sta di fatto, tuttavia, che il Colombini, una volta convertito, donò tutti i suoi averi ai poveri e si dette a vita di rigorosa penitenza e preghiera. Fu perfino crudele con se stesso, per la durezza delle umiliazioni cui volle sottoporsi; basti dire che arrivò perfino a tornare, per mesi, al Palazzo Pubblico, dove aveva ricoperto cariche tanto prestigiose, per svolgervi i servizi più infamanti, deriso e schernito da tutti.

Nei primi anni dopo la conversione, egli vivificò la linfa della sua spiritualità soprattutto nella quiete agreste della dolce campagna senese, così come avevano ed avrebbero fatto altri grandi mistici della città (San Galgano, Beato Bernardo Tolomei, San Bernardino, ecc).

Il Colombini si lasciò soprattutto incantare dall'operosa tranquillità della Certosa di Maggiano, posta a poco più di un chilometro dalle mura di Siena, di cui era l'anima il Beato Pietro Petroni. Il Colombini vi si trattenne per diversi anni, soggiornando anche, periodicamente, presso il Monastero delle Benedettine di S. Bonda, in cui era Badessa Monna Paola Forese, donna assai savia nella direzione delle anime e ammirevole per le proprie virtù.

Nel 1360 il Colombini fondò la congregazione religiosa dei «Gesuati», con i quali prese a girovagare paesi, cercando sempre di operare il bene e di assistere i bisognosi, e soprattutto praticando la più completa povertà, considerata come sicurissima via di salvezza. I Gesuati erano anche convinti che l'allegrezza e la serenità degli animi erano ottimi presupposti per l'ottenimento della Grazia Divina; anzi, nessun Ordine, tranne forse quello Francescano, pose con tanta insistenza l'accento sulla necessità di questa lieta disposizione dell'animo.

Va rilevato che, nelle manifestazioni esteriori, il Colombini e i suoi seguaci non furono esenti da una certa teatralità, che peraltro costituisce una nota caratteristica e ricorrente nell'indole dei senesi, particolarmente dei mistici senesi. Tuttavia, l'atteggiamento dei Gesuati che maggiormente disturbò l'autorità costituita fu il loro accanirsi contro i potenti del tempo, contro l'ingiustizia e il regime di privilegio dominante nella società di allora.

Nel 1363, in seguito al persistere di tale atteggiamento, il Colombini, insieme al fedele compagno Francesco di Mino Vincenti e a tutti i suoi seguaci, fu messo al bando dalla città di Siena da parte dei reggitori del Comune, che lo accusavano di essere un pericoloso sobillatore ed un eretico.

Insieme ad altri 25 compagni, egli riparò ad Arezzo e quindi in altre città vicine. Infine, per liberarsi dall'accusa di eresia che gravava su di loro, il Colombini e i suoi Gesuati, nel 1367, a Viterbo, si recarono incontro al Papa Urbano V di ritorno da Avignone, agitando ramoscelli di ulivo in segno di pace. Il Papa, commosso dalla fede spontanea e sincera di quei religiosi, li scagionò dall'accusa di eretici, approvò la loro congregazione e dette loro un preciso abito religioso; da allora, essi furono detti i «Poveri di Cristo» o «del Papa».

Di lì a poco il Colombini, vista aggravarsi seriamente la sua salute mentre si trovava in Orvieto, volle essere trasferito al Monastero di S. Salvatore sul Monte Amiata, dove, dopo aver dettato le sue ultime volontà, serenamente se ne morì il 31/7/1367. Il suo corpo fu traslato a Siena e attualmente si trova sotto l'Altare della Madonna nella Chiesa Nuova dell'Immacolata di S. Francesco all'Alberino.

Egli fu beatificato da Papa Gregorio XIII e la sua festa ricorre il 31 luglio. In Siena, ancora vivissimo è il ricordo e il culto del Beato, di cui si venerano le reliquie. Frattanto, l'Ordine dei Gesuati continua a prosperare anche dopo la morte del Colombini e stabilì sue dimore in tutte le principali città d'Italia e perfino all'estero, a Tolosa, nel 1425.

L'Ordine ebbe peraltro una sua propria costituzione scritta soltanto nel Capitolo del 1426, la quale era fondata, praticamente, sulla regola di S. Agostino con poche varianti. Dopo alterne vicende, l'Ordine dei Gesuati venne soppresso da Papa Clemente IX, nel 1668. Una congregazione di «Gesuate», istituita da Caterina Colombini, cugina del Beato, nel 1367, sopravvisse peraltro in Italia, e particolarmente a Lucca, fino al 1872.

Facendo un accenno alla produzione letteraria del Colombini, notiamo che diverse laudi sacre gli sono state attribuite, ma una sola è sicuramente autentica («Diletto Jesu Christo chi ben t'ama»). Ci resta inoltre una suggestiva raccolta di 114 epistole, assai interessanti, sia dal punto di vista religioso che da quello letterario.

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