Nel libro dei Pretori del 1238 si trova che il Podestà Pietro Parenzi inflisse una condanna a Ristoro di Bruno Cigurde (probabilmente un Tommasi) perché correndo il Palio nella festa di agosto ed essendo arrivato ultimo non prese il porco, come era stato statuito, cioè fissato dagli statuti, per gli ultimi arrivati.
Non sappiamo se il porco di cui parla il nostro documento fosse un vero porcellino vivo o non piuttosto un copricapo formato con la testa di un porco; certo si è che doveva rappresentare un modo di mettere alla berlina il perdente e questo ben si attaglia con lo spirito di una festa medioevale.
Ma si capisce anche come l'interessato si prestasse malvolentieri ad essere così designato ai lazzi del pubblico e che perciò il signor Ristoro di Giugurta preferisse incorrere nella multa. Egli doveva essere un cavaliere e ce lo dimostra il fatto che la condanna fu condonata "data la qualità della persona", e anche questo ci illumina meglio sul Palio di allora.
Bisogna infatti pensare che in quel tempo i cavalli erano prerogativa dei soli nobili, i quali poi erano quelli che rivestivano le cariche di podestà, capitani, condottieri o cavalieri, oltre a quelle di centurioni delle compagnie e di gonfalonieri dei Terzi, e forse fino ad allora tali cariche portavano con sè l'obbligo di partecipare al Palio, come risulta da un documento più tardo.
Naturalmente, siccome i centurioni e gonfalonieri erano i capi e rappresentanti delle Compagnie, ne veniva che gli abitanti delle corrispondenti Contrade o Terzi parteggiassero per il loro centurione o gonfaloniere e perciò fino da allora devono essere nate le prime competizioni e i primi antagonismi fra Contrade, di cui troveremo più tardi qualche esempio significativo, che anticipa le contese moderne.
Il fatto poi che le autorità pubbliche infliggessero una pena a chi contravveniva allo statuto della corsa, dimostra come il Palio, anche prima che divenisse la festa ufficiale in onore della Vergine, era disciplinato dallo Stato e mai lasciato al libero arbitrio di privati o Contrade. Ed è anche interessante il vedere che l'autorità preposta alle questioni del Palio era già fin dalle origini la Biccherna, di cui i Pretori erano un ufficio dipendente.
BICCHERNA, 698, c. CXXXV, CXXXVII.
- Iste sunt condempnationes facte a domino Pietro Parenzii romano proconsule, Dei gratia Senensi potestate. In primis condempnamus... Ristorum Bruni Cigurde in XL. soldis quia cum currisset palium in festo sancte Marie de augusto et fuisset novissimus, non accepit suem sicut statutum fuit pro novissimo. Mitigata pena ex qualitate persone.
Come si vede da questa condanna, le persone che allora correvano il palio erano delle famiglie dei Grandi di Siena, perché Ristoro apparteneva alla illustre casata dei Tommasi. Siccome allora il governo della Repubblica era appunto in mano della classe magnatizia, si spiega come venisse condonata una condanna a una pena ridicola ad uno dei suoi colleghi. Il Lisini pubblicò questo documento nella Miscellanea storica senese (Vol. I, p. 14), ma lesse erroneamente sune invece di suem, non riuscendo così a spiegare il senso della condanna.