30 giugno 2022 di Sergio Profeti
La terra in piazza all’asta Il Granduca c’è ad agosto.
Due secoli fa, nel 1822, a luglio il Comune bandì la gara per il tufo nel Campo. La presenza di Ferdinando III fece spostare il Palio al 18, l’assegnazione il 15.
Il Palio di luglio del 1822 si apre con una notevole iniziativa organizzativa: per la prima volta, dopo che Leopoldo aveva cancellato nel 1788 l’obbligo ai Comunelli delle Masse di portare la terra in Piazza per l’interro, si assiste a un’asta per aggiudicare, al migliore offerente, il compito di interrare e sterrare la pista come è avvenuto fino ad oggi.
Per la cronaca, una sola domanda di partecipazione all’asta da parte degli stradini Vincenzo Sciatilli e Francesco Rufoli. I due Palii ordinari, vinti a luglio dalla Chiocciola e ad agosto dalla Torre, procedono con l’ormai collaudata cadenza. Nessuna Contrada si astiene dal correre e tutte le problematiche organizzative non presentano rilievi particolari.
Il Palio di agosto, comunque, fa parlare di sé e non solo per la presenza a Siena del Granduca Ferdinando III. La data del Palio viene spostata al 18, giorno di domenica, e l’assegnazione dei cavalli avviene il 15, con il perfetto rispetto dei tre giorni che devono intercorrere, come avviene oggi, tra la prima prova ed il Palio.
Due sono gli episodi che sono passati alla storia con questo Palio e che riguardano Teresa Regoli e Giuseppe Amerighi. La prima si trova in carcere e chiede, ottendo il risultato, di essere presente al Corteo che, proprio in occasione della presenza del Granduca, venne abbellito di altri carri e figuranti. Il permesso alla Regoli prevedeva che, una volta conclusasi la Festa, "terminasse la pena che le era stata inflitta".
Giuseppe Amerighi, era invece il Capitano vittorioso della Torre, e coinvolto in una vicenda che si trascinò nelle aule del Tribunale per tre anni. L’Amerighi chiedeva di prendere possesso del drappellone perché qualcuno, offendendolo, vi aveva scritto "Giuseppe Amerighi Capitano vinse la Bandiera con il fantino Gio Batta Lanini Maremmano al quale l’avevano promesso lire cento, ma gli furono date settanta".
Il Tribunale rifiutò che la proprietà del drappellone passasse dalla Contrada all’allora Capitano vittorioso ma richiamò il Priore della Torre a far rimuovere l’infamante scritta. Al di là della curiosità è quanto meno significativo che in quell’anno le elezioni della Contrada fossero state soggette di ben due processi a seguito di altrettanti esposti sulle irregolarità emerse. Ciò non deve stupire il lettore del XXI secolo in quanto c’è una sterminata ’letteratura’ al riguardo nell’Archivio di Stato sulle irregolarità commesse dalle 17 Contrade in merito alle elezioni degli organi interni.