Il colonnino che cambiò il Palio: quando la tradizione si adattò alla sicurezza (di Andrea Bianchi Sugarelli)
Due secoli fa, nel 1825, un piccolo intervento in Piazza del Campo dimostrò che la storia della Festa senese non è mai stata immobile, ma fatta anche di scelte coraggiose e trasformazioni condivise
La storia del Palio di Siena è costellata di episodi che smentiscono l’idea di una tradizione immutabile. Spesso si pensa che ogni dettaglio della corsa sia fisso e inviolabile, ma le carte degli archivi raccontano altro. Nel 1825, proprio due secoli fa, un semplice colonnino divenne protagonista di un cambiamento che oggi sorprenderebbe anche il più fedele custode della Festa. Lo racconta magistralmente anche Sergio Profeti nei suoi Opuscoli di Sunto, realizzato nel 1999.
All’epoca, la Piazza del Campo non aveva ancora l’aspetto che conosciamo oggi. La Fonte Gaia era più vicina alla mossa, e i colonnini – quei piccoli pilastri che disegnano il percorso dei cavalli – non erano ancora disposti secondo il progetto ottocentesco di Partini e Rubini. Proprio in quell’anno, in occasione dei lavori di lastricatura della Piazza, cinque cittadini senesi presentarono una richiesta tanto pratica quanto coraggiosa: spostare il “quarto colonnino dopo la mossa” più all’interno, per rendere meno pericolosa la traiettoria dei cavalli.
La domanda fu valutata dal Provveditore delle Strade e dal Magistrato Civico. Nella relazione ufficiale, si spiegava che la posizione del colonnino formava “un angolo acuto che obbliga i cavalli a deviare verso i palchi”, creando rischi per fantini e spettatori. La soluzione proposta era semplice: arretrare il colonnino verso il centro della Piazza. Un lavoro di modesta spesa – solo quattro lire – ma di grande impatto sulla sicurezza della corsa.
Il Magistrato Civico dette il suo sì: il colonnino fu spostato, eliminando quella “mostruosità” che metteva in pericolo uomini e cavalli. L’intervento fu completato prima del Palio di luglio, che quell’anno si corse tra pioggia e vento e fu vinto dalla Torre.
Questo episodio, documentato nei registri comunali e nelle parole degli stessi protagonisti, mette in discussione la convinzione moderna che ogni elemento della Festa sia sacro e immutabile. Dimostra anzi come la tradizione senese sia fatta anche di adattamenti, scelte pratiche e soluzioni condivise, nate dall’ascolto delle esigenze di chi viveva realmente la Piazza.
Il colonnino del 1825 non fu soltanto una pietra spostata nel selciato: fu il simbolo di una consuetudine elastica, capace di piegarsi, quando necessario, alle necessità della corsa e della città. Se oggi il Palio riesce a mantenersi attuale, lo si deve proprio a questa capacità di adattamento, che ha permesso alla Festa di attraversare i secoli senza perdere la sua essenza.
Raccontare storie come questa non significa proporre modifiche a cuor leggero o mettere in discussione l’identità della manifestazione. Al contrario, serve a ricordare che il rispetto della storia passa anche dalla conoscenza delle sue trasformazioni. Ignorare questi dettagli sarebbe un torto verso la memoria collettiva di Siena, che in pieno tempo di globalizzazione deve saper custodire il passato senza smettere di guardare avanti.