30 giugno 2025 di Roberto Filiani: Le storie del Palio di Siena, la Carriera di luglio di 200 anni fa: il trionfo della Torre con Ciccina
Le nerbate con Figlio di Caino, il malore poi fu festa in Salicotto. La corsa il 3 luglio per far sì che riuscisse "più decorosa e più numerosa"
Il Palio di Provenzano di duecento anni fa si corse il giorno tre luglio per far sì che la Festa riuscisse “più decorosa e più numerosa di gente”, come riportano le cronache del tempo, di conseguenza la tratta slittò al 30 giugno.
Questa l’entrata tra i canapi agli ordini di Luigi Sani ed Alfonso Pieri: Aquila con Figlio di Caino; Onda con Caino; Selva con Piaccina; Torre con Ciccina; Giraffa con Pesce; Oca con Brandino; Valdimontone con Cicciolesso; Istrice con Serafinaccio; Chiocciola con Ghiozzo e Lupa con Vecchio.
Da sottolineare un vero e proprio groviglio di intrecci familiari: dai tre fratelli Brandani ovvero Matteo detto “Brandino”, Luigi detto “Cicciolesso” e Giuseppe detto “Ghiozzo” passando da Niccolò Chiarini detto “Caino” ed il figlio Salvatore, per finire con Luigi Menghetti detto “Piaccina” zio di Giuseppe Bini detto “Ciccina”.
Dopo una mossa decisamente confusa, con molte forzature, partirono al comando la Selva e l’Istrice che però caddero a San Martino dopo un veemente ostacolo reciproco con grande delusione per la Contrada di Camollia che aveva ricevuto in sorte un cavallo talmente competitivo che i cronisti dell’epoca scrissero: “…che pure questi avevano già appeso il Palio al chiodo…”
Lo scosso della Selva, definito gran corridore, rimase al comando fino al secondo San Martino dove andò a dritto e passò l’Oca, con un cavallo considerato tra i peggiori, che fu però subito superata dal Montone, nelle retrovie si registrava anche la caduta della Chiocciola altra contrada favorita della vigilia e mai in gara.
In merito riportiamo un curioso e pungente commento di un cronista dell’epoca: “…tra i fantini caduti ci furono la famosa Chiocciola, col fantino il terzo Brandino, che si teneva sicuro il Palio…”
Al Casato il Montone venne raggiunto dalla Torre e Ciccina fu abilissimo prima a sbilanciare Cicciolesso fino a farlo cadere e poi a tenere dietro a nerbate lo scosso, mentre l’Aquila, pur con un barbero mediocre, si fece minacciosamente insidiosa.
Ciccina potendo contare anche sull’esperienza e la resistenza del cavallo della Torre, un morellino tutto pepe del mugnaio Felli, già protagonista di diversi Palii alla lunga, respinse abbastanza agevolmente l’attacco del Figlio di Caino.
Nonostante ciò, a fine corsa tra i due protagonisti si accese un accanito duello a nerbate ad avere la peggio il quasi cinquantenne Ciccina che appena sceso da cavallo accusò un malore svenendo in piazza.
Il malcapitato fantino si riprese dopo qualche minuto in tempo per essere portato in trionfo dai torraioli esultanti.
Fu quella la quarta ed ultima vittoria di Ciccina, equamente divise tra Torre ed Aquila, un fantino dalla carriera lunga ma spezzettata, iniziata nel 1794 e ripresa dopo diciotto anni di assenza da grande protagonista, appartenente, come abbiamo visto, alla scuola empolese di cui lo zio Luigi Menghetti detto “Piaccina”, fratello della madre Arcangela, fu il più importante esponente con ben otto vittorie ottenute in sessantasei partecipazioni collezionate fino alla soglia dei settant’anni.