1506 agosto 15-17. ASS, Balìa, 253, c. 228rv; Balìa, 52, c. 79; BCS, ms.R.VI.33: La magna e trionfante festa e caccia che si fece nell'inclita città di Siena nell'anno MCCCCCVI a dì XV d'agosto; BCS, ms. B.III.12: S. Tizio, "Historiarum Senensium", copia inizi sec. XVIII, c. 8; Anonimo fiorentino, La festa che si fece in Siena a dì XV di aghosto MDVI, Siena, Simone di Niccolò di Nardo, 1506.
Nel componimento poetico in versi endecasillabi, suddivisi in 132 stanze in ottava rima, sono citate con i loro nomi attuali ben dieci Contrade, mentre la Torre è ancora il Lionfante; vi è poi la Contrada dello Zoccolo, dalla cui scissione secondo alcuni studiosi avranno origine la Lupa e il Bruco, mentre per altri lo Zoccolo è soltanto la Lupa in fieri e quindi anche il Bruco sarebbe assente nel 1506; la spettacolare sfilata vide infine l'entrata in Piazza di oltre cento nobili senesi, seguiti da un ordigno a forma di vipera con due bocche, accompagnato dal signore della caccia Alfonso Borghesi, circondato dai suoi scudieri; in quest'ultima macchina forse si adombrava la Contrada della Vipera, in seguito incorporata in altre, o meglio una schiera di cacciatori sovvenzionati dalla famiglia Borghesi.
Nel testo mancano pertanto, fra quelle ancora oggi esistenti, solo Pantera, Leocorno, Tartuca e Civetta (e forse il Bruco). Le stanze precisano le divise, i colori e le insegne sotto cui si presentarono le Contrade alla festa del 15 agosto 1506, rimandata al giorno 16 causa la pioggia.
Con il nome e l'insegna della compagnia dello Zoccolo sfilarono, riuniti, gli uomini dei rioni di San Donato e di Sant'Andrea; i costumi erano di colore verde e giallo con una bandiera di identici colori arricchita da uno zoccolo argenteo, stemma della famiglia Del Taia, abitante appunto in quella zona.
Veniva poi la Contrada del Drago in divisa bianca, la cui bandiera aveva in mezzo un serpente; la comparsa era seguita da due macchine di legno a forma di grossi rettili.
La schiera della Giraffa, in divisa bigia e bianca, aveva al suo seguito una vera giraffa e una macchina rappresentante l'animale.
Gli uomini dell'Istrice, con abito partito di bianco e di bianco e nero e bandiera bianca, avevano al loro seguito un carro a forma dell'animale.
Gli uomini del Nicchio, mascherati da Etiopi, innalzavano una bandiera rossa, arricchita al centro da un nicchio biancho (colore e simbolo rimandano alla devozione dei nicchiaioli per l'apostolo pellegrino San Giacomo Maggiore, al quale era intitolata la chiesa nel cuore del loro territorio).
La rappresentanza del Montone era costituita da cacciatori; l'animale simbolo ricorda proprio - come il bracciale del palazzo Piccolomini - Montonio Piccolomini, il cui castello in epoca medievale era nel territorio della Contrada, in luogo detto appunto di Montone; sulla bandiera tessuta in oro compariva un ponte con sopra una colonna sormontata da una lupa (la Colonna del Ponte è ancora oggi all'imbocco della Contrada, pur risultando nel territorio del Nicchio); la schiera trascinava una macchina a forma di montone.
Seguivano gli uomini di Salicotto vestiti di bianco da scorger di notte; erano accompagnati da un elefante vero con un castellotto sulla groppa; sulla bandiera era ricamato un altro lionfante.
I Chiocciolini, in livrea bianca e nera come la Balzana senese, avevano un grande carro di legno a forma di chiocciola marina; sappiamo che con un carro simile si erano già presentati nel 1482; portavano una bandiera bianca a fiamme oro con in mezzo la figura dello stesso mollusco.
Ciascuno dei figuranti dell'Onda era vestito con livrea facta a suo modo; la bandiera a onde bianche e nere era quella del popolo e della compagnia militare di San Salvatore (la Contrada sostituirà il colore nero con il celeste soltanto agli inizi del Settecento) e aveva al centro una lupa dorata (con riferimento probabile alla lupa che è ancora oggi a lato del Palazzo comunale all'imbocco di Malborghetto, strada principale della Contrada).
Nella bandiera di Selvalta (oggi Selva), la Contrada dei cacciatori, era raffigurato un cacciatore che con uno spiedo assaliva un cinghiale (successivamente la Contrada manterrà nel suo vessillo gli strumenti per la caccia, poi adotterà ma soltanto alla fine dell'Ottocento come emblema un rinoceronte).
Entrò poi in Piazza l'Aquila, innalzando una bandiera gialla con un'aquila nera (colori ancora oggi inalberati), seguita da un carro raffigurante una grande aquila con le ali aperte alta dodici braccia (oltre sette metri).
Chiudevano la sfilata gli uomini dell'Oca in corazza argentea con calze bianche; innalzavano due bandiere dove spiccava la figura dell'oca, e conducevano con sé un orso ammaestrato.
Il 16 e il 17 agosto 1506 si svolse anche una giostra, nella quale i giostranti - tra i quali Chiappino di Paolo Vitelli tifernate, cioè di Città di Castello, e Pandolfo genero di Braccio - combatterono a lungo, ma senza quella bravura e accanimento che erano nelle aspettative degli organizzatori e del pubblico.
Tuttavia la sera del 17 i giudici stabilirono di assegnare i premi secondo gli accordi stabiliti per la giostra. La premiazione avvenne immediatamente nella stessa Piazza, alla presenza di due testimoni, Antonio da Venafro (noto giurista), e Domenico Placito (Placidi?); al vincitore fu consegnato un mantuano e al secondo migliore giostrante un elmetto di bronzo. Nell'occasione si pubblicarono i capitoli della giostra.