A fine giugno, fece le cose in grande la Contrada di Camollia, eccitata - a quanto pare - dalla notizia di una improvvisa visita a Siena del Granduca Francesco I e della sua tanto chiacchierata consorte Bianca Cappello (visita che poi ebbe luogo nel febbraio 1582).
Per la sera del 29 i "fedeli seguaci dell'Istrice" organizzarono una manifestazione, intitolata "Il Trionfo dell'Onore", che - come attestano alcuni documenti manoscritti conservati nell’archivio dell’Accademia dei Rozzi - era stata ideata dal poeta e bibliofilo Bellisario Bulgarini.
Poi il 2 luglio, nella ricorrenza della festività della Visitazione della Vergine, gli Istriciaioli vollero rendere omaggio alla Madonna dell’Antiporto di Camollia e chiamarono le consorelle ad una corsa con le bufale da Piazza Tolomei alla Magione, offrendo masgalano e palio.
Il drappellone consistette in 15 braccia di broccato turchino per alludere al manto della gloriosa Vergine Immacolata. Lo vinse l'Oca, che superò Onda, Valdimontone, Lupa ed Elefante. Tutte riscossero grandi applausi per le stupende comparse, perché se era importante vincere il Palio, altrettanto contava mettersi in evidenza per l’eleganza dei costumi e l’originalità dell’inventione. Ne scaturì una festa memorabile, ricordata anche da Evandro Benvoglienti e da Giovanni Antonio Pecci.
Lo Spinoso Animal (Istrice), che sempre è vago
Volendo far cose inusitate e nuove,
Ben visto de la Chiocciola e del Drago,
E di quel collo longo (Giraffa)...
(...)
Mosso da saggio humor senz’alcun sdegno
Fe’ il Palio di Broccato e d’honor degno.
Ma prima fece a honor d'alma Maria
Pensier di maritar una Citella,
Qual fusse poveretta e fusse pia
E fusse mansueta e verginella;
Fece la borsa con la dote, e pria
A la sorte si messe...
(...)
E per dar a la festa più grandezza,
E far all’occhio ancor più bel vedere,
Una colonna tinta con vaghezza
Di più colori e perfido parere
Rincontro ai Rai con molta destrezza,
Ripiena di più raggi e in più maniere,
Che finito poi ‘l giorno in festa, e ‘n gioco
La consumò, buttato i raggi e ‘l fuoco.
Fu fatto ancor rincontro al Colombino
Buttar a Cleopatra per le Mamme
Sopra d’un bell’acconcio, e dentro un Tino
Per spenger a più gente e sete e fiamme
Da una banda l’acqua, e (dal)l’altra ‘l vino
In buona quantità senza le dramme,
Com’anco palesi assai su per la via
Quai eron pieni di genti in Camollia.
Finalmente, uscir per guadagnar il Palio a schiere,
Con varie fantasie e varie fogge,
Cinque Contrade vaghe, belle, e intiere:
Onda, Montone, Oca, Lupa ed Elefante.
[D. Cortese, "Trattato sopra le belle e sontuose feste etc. (1581)". BCS, ms B V 42].
Tutte fecero vedere belle comparse ed ognuna accompagnò alla festa la propria bufala agghindata come prescritto dal cartello d'invito.
Aprì il corteggio delle Contrade la schiera dell’Onda con un gran carro a forma di conchiglia, trainato da due delfini. Su di esso era assisa la ninfa del mare Galatea in forma di sirena (mezza humana e mezza pescie ess’era), accompagnata da altre Nereidi e dal fiume Ombrone. La bufala era cavalcata da Argo, il costruttore della nave degli Argonauti, tutto vestito di rosso.
Per seconda si presentò la Contrada del Montone. I Montonaioli in più modi vestiti usciron fuora / Secondo i lor capricci e fantasie.
Per la loro invenzione avevano preso spunto dalla favola mitologica di Frisso, figlio del re beota Atamante, sfuggito con la sorella Elle alle insidie della matrigna Ino grazie al miracoloso intervento di un ariete dal vello d’oro.
Anche di questa invenzione - proposta dal pure nel [1757]# - esiste il componimento poetico a stampa. Reca il titolo: "Stanze cantate in persona di Friso, et Elle, sopra il Monton d'oro", ed elogia la vaga altera Camollia, dove spronato ognun lieto hor s’invia. Frisso ed Elle, fuggiaschi, fingono di cercare scampo nella Contrada dell'Istrice, rione di donne leggiadre...
Terza a presentarsi fu la Contrada di Fontebranda.
La terza l'Oca fu, ch’essa comparse
Con varie fogge avanti al tribunale
A mostrar che sue voglie non fur scarse,
Di far li effetti all’alta festa eguale;
E perciò altiera e trionfante apparse
Con la corona in testa e le bianch’ale,
Cor un bel carro a quel fatto opportuno,
Con vaghe Dee e ‘n cima il Dio Nettuno.
V’era seco anco molt’Huomini selvaggi
Con corni di divitia e con ghirlande
D’edera in testa e in man fronduti faggi
Tolti dall’onde lor in fonte blande;
Il bel Colosso imprese e i motti saggi
Che si mostravon da tutte le bande
Davan attention a tutta gente
D’esser del fatto lor intelligente.
[D. Cortese, "Trattato sopra le belle e sontuose feste etc. (1581)". BCS, ms B V 42].
Seguì la comparsa della Lupa, con un carro ispirato alla lupa capitolina che allattò i gemelli Romolo e Remo. L’accompagnavano molti coi destrieri, / E molti a piedi, recando fasci littori a difesa del Senato Romano. Il significato dell’invenzione fu spiegato con un canto da Mercurio assiso sul carro allegorico.
Quinta ed ultima ad apparire fu la Contrada della Torre. Si presentò con una bella comparsa e con un’invenzione assai elogiata dal pubblico; però non ricevette alcun premio, perché sulla valutazione dei Giudici pesò negativamente il ricordo della rappresentazione della Pazzia, che gl’Insipidi avevano dato alcune settimane avanti:
L'Elefante, che la prima volta
Si mostrò coi villani e la Pazzia,
La quinta fu a giugner, poi ch’accolta
Hebbe ben seco i suoi in compagnia;
Fu bella la sua impresa, ma raccolta
Non fu da chi giuditio a dar haria
Per haver rimembranza del villano
Ch’il fatto fe’ la prima volta strano.
La Contrada dell'Elefante rappresentò "Il trionfo di Bacco". Il frontespizio del componimento giunto sino a noi reca l’emblema del Desioso Insipido (Domenico Tregiani) con il motto: DAL FOLLE DESIAR POCO S’ACQUISTA. In fondo alla poesia è la sigla dell’autore: I. D. I. S. (Il Desioso Insipido Senese).
La recita delle quattro stanze fu affidata a Sileno, divinità dei boschi, che si rivolse ai magnifici Signori saggi, e discreti Giudici eletti di così bel giorno per spiegare come mai Giove aveva inviato Cupido e l’allegra compagnia dell'Elefante ad onorare la festa dell'Istrice.
Queste belle rime non bastarono a convincere i Giudici sulla validità dell'inventione presentata dall'Elefante. Così la Contrada di Salicotto, oltre a non vedersi premiata, si prese anche le offese e le ingiurie di buona parte degli spettatori, memori della sceneggiata sulla Pazzia.
La giostra con le bufale vide come protagoniste assolute la Lupa e l'Oca. La Contrada di Vallerozzi probabilmente avrebbe vinto con facilità, ma la sua bufala fu scorrettamente ostacolata durante il percorso e così il successo arrise all'Oca. Le proteste dei Lupaioli non valsero a nulla.
Si disse che fu dato molto impaccio
Nel miglior del corrir da San Vincenti
A quell’animal ner che più che vaccio
Correva per far bene a i suoi sergenti;
La Lupa, che teneva il palio in braccio,
E così era, se con gravi accenti
Non fusse stata sua bestia impedita
Da chi ‘l palio hebbe senza parte o dita.
I fidi de la Lupa mosson lite
Avanti a chi di ciò tenea ragione,
Ma perché lor parol non fur udite
Senz’il palio tornoron’ in sua magione.
[D. Cortese, "Trattato sopra le belle e sontuose feste etc. (1581)". BCS, ms B V 42].
La Lupa fu veramente sfortunata. Come già l'Elefante, pur avendo mostrato imprese belle oltre misura, non fu neppure premiata.
Vinse la Contrada dell'Oca; al Montone fu assegnato il premio (masgalano) per la comparsa più bella, più apparente et ingegnosa; mentre ad una ragazzetta dell'Onda andò in sorte la dote. Naturalmente in Fontebranda fu festa grande e gli Ocaioli per più giorni fecero sfoggio dei palii e dei premi vinti nelle carriere rionali di quell’anno:
E perché la bell’Oca col suo corso
Fu la primiera al Palio rilucente,
Se lo portò sopra il suo bianco dorso
In sua Contrada con allegra mente;
Il Monton hebbe il premio, e l’altre il morso
Rosen con spuma pien di rabbia ardente;
La borsa a la fanciulla diede il Cielo,
Che del’Ond’era involta in vergin velo.
Tenne due giorni la bianc'Oca altiera
Corte bandita ad ogni sorta gente,
Facendo brinzi a tutti, e buona cera
Come color ch’allegri eron di mente;
Tenevon anco per più mostra intera
I palij e i Premij e Colossi presente,
Che dopo i giorni dui molto appresso
Ne davon segno del lor gaudio espresso.
Terminarono in tal modo le feste del popolo di Camollia. Ma già la nobile Aquila stava per proporre alle Contrade un’altra manifestazione singolare: la corsa dei barberi in onore di Santa Maria d’Agosto.
Questa carriera alla lunga resterà negli annali della storia del Palio come unica nel suo genere, non soltanto perché vide protagonista una ragazza-fantino, la famosa Virginia, che tra lo stupore e l’ammirazione dei Senesi difese i colori della Contrada del Drago, ma soprattutto perché le Contrade, dopo il 1581, non ebbero più l’occasione di partecipare al Palio "alla lunga" dell’Assunta.