1581, 15 agosto
Palio alla lunga in onore di Santa Maria d’Agosto, corso dalle Contrade per iniziativa della Nobile Contrada dell’Aquila
Non si era ancora spenta l’eco delle feste indette dalla Contrada dell’Istrice, che la nobile e privilegiata Aquila ottenne dalla Balia il permesso di poter organizzare a proprie spese il Palio dell’Assunta di quell’anno, chiamandovi a partecipare, in via del tutto eccezionale, le Contrade amiche.
Non si conoscono i motivi per i quali l'Aquila, che dalla Caccia dei Tori del 1546 era praticamente inattiva, chiese ed ottenne tale permesso. Infatti al Palio di mezz’agosto, divenuto dopo la fondazione della Cattedrale e soprattutto dopo la vittoria di Montaperti (1260) un omaggio alla Madonna Assunta, non avevano mai partecipato le Contrade. La corsa era riservata ai nobili signori forestieri e facoltosi cittadini, che, su invito del Comune, vi iscrivevano i propri cavalli di razza, chiamati barberi come i cavalli arabi di pregio. Talvolta li facevano correre scossi, cioè senza fantino, ma ordinariamente li facevano montare da ragazzi, o putti, dai soprannomi curiosi, contraddistinti da livree con i colori dei propri padroni.
Dopo il 1581 non si hanno più memorie riguardanti la nobile Aquila, che rientrò nel novero delle Contrade attive soltanto nel 1718. Nel 1719 vinse il suo primo Palio in Piazza.
L'alto Augel chiamò del suo contorno
L’illustri fidi suoi tutto gioioso
Il dì 9 di Luglio mese adorno;
Allegro fu di tal vista, e pomposo,
Ai quai proposta fe’ sopra la festa
Con spiegat’ali e la corona in testa.
[D. Cortese, "Trattato sopra le belle e sontuose feste etc. (1581)". BCS, ms B V 42]
La proposta venne accolta con entusiasmo dalla città e dalle Contrade. Elefante, Onda, Giraffa, Montone, Drago, Oca e Lupa iniziarono subito i preparativi per onorare la festa con belle invenzioni e bizzarrie allegoriche.
La trovata più originale fu indubbiamente del Drago. Questa Contrada suscitò lo stupore dei senesi con l’affidare la monta del proprio barbero ad un’ardita ragazza del contado di appena quattordici anni: la giovinetta si chiamava Virginia Tacci.
La singolarità del fatto impressionò persino il Conte Federigo Barbolani da Montauto, Governatore di Siena, il quale pensò di darne notizia a Firenze con una lettera indirizzata al segretario granducale cavalier Antonio Serguidi.
La lettera, che è del 9 agosto 1581, fu ritrovata nella filza Medicea n. 1875 (carteggi di Siena) dell’ex Reale Archivio di Stato di Firenze dallo storico Carlo Carnesecchi. Inizia con il racconto dei fantastici capricci delle Contrade fatti nei mesi precedenti ed illustra i motivi dell’inconsueta festa ideata dall’Aquila. La notizia del fatto davvero non comune della presenza di una ragazza-fantino al Palio è nella seconda parte della lettera. Il Barbolani riferisce dell’ardimento della bella e giovane amazzone, confessando non senza malizia e con molto spirito che la contadinella Virginia gli piaceva molto, sembrandogli capace di domare non soltanto vecchi cavalli da corsa, ma persino ardenti corteggiatori.
Il pomeriggio del 15 agosto, sette Contrade, con disio d’havere / Il palio d’oro e ‘l bel Tazzon d’argento, / E la collana, uscirno a foggia e a schiere, / Coi barberi a corrir equali al vento.
Raggiunsero Porta Romana a suon d’alti canori, e di romori, e di tamburi, scortate dai propri contradaioli e circondate dall’entusiasmo della folla. Tutte e sette si presentarono con speciali allegorie e feron ciascuna tanto bel vedere.
Per l’occasione ogni Contrada aveva fatto stampare i componimenti poetici che i principali personaggi delle invenzioni avrebbero poi recitato o cantato.
La prima a sfilare fu la Contrada dell'Elefante, con una inventione ispirata a Mercurio assiso sul carro trionfale di Bacco in compagnia di Muse.
La Contrada di Salicotto aveva fatto stampare "Alla Loggia del Papa" un doppio foglietto contenente le "Stanze cantate davanti al Tribunale de i Signori Giudici, deputati da i figli dell’Aquila, da Mercurio, assiso nel collo d’uno elefante, sopra cui cavalcava Bacco in habito regale, e trionfante...". Il messaggero degli dèi concludeva la sua recitazione con la speranza di far suo il bel premio regale (cioè il palio) e di portarlo in Cielo per coprirne la mensa all’immortale Re dell’Olimpo. La composizione conteneva anche un "Madrigale cantato in Musica, et ballato, da le Muse, nel Carro di Bacco, poiché Mercurio taceva", in cui erano esaltate sia l’Aquila che l’Elefante.
Seconda a presentarsi innanzi al Governatore ed al Tribunale dei Giudici della Festa fu la Contrada dell'Onda, che ostentò la borsa con la dote per una sua giovane contradaiola, ricevuta in sorte dall’Istrice in occasione della Bufalata del 2 luglio. La comparsa dell'Onda era costituita da figuranti che rappresentavano Donne Cepriotte (cioè cipriote), giovani guerriere con arco e turcasso simili alle Amazzoni, in mezzo alle quali spiccava lo stemma ad onde bianche e nere della Contrada di San Salvadore. Esse accompagnavano un carro in forma di nave, a historie adorno, trainato da due ceceri bianchi, cioè due cigni. Su di esso stava Venere, madre di Amore.
La composizione poetica dell'Onda consistette in cinque "Stanze cantate in persona di Venere", dedicate Alle Belle et Virtuose Donne Senesi, et a li, della Privilegiata Aquila, et d’Amore fedelissimi seguaci. Le rime celebravano la cortesia e la bellezza delle donne senesi con le solite forme gentili di altre liriche precedentemente ricordate e rendevano omaggio all’Aquila altiero Augello. Nella seconda stanza, Venere esaltava il valore del proprio barbero, confessando: "Il gran Nettunno (...) m’ha dato il buon Destrier, ch’io v’appresento, / Eletto al corso de’ miglior fra cento". E non aveva torto, perché l'Onda con quel cavallino vinse il Palio.
Sfilò per terza la comparsa della Giraffa composta da contradaioli vestiti da Turchi in divisa bianca e rossa. Si presentò senza carro allegorico, ma il gruppo fu arricchito da un paio di figuranti a dorso di mulo, che distribuivano pane agli spettatori. L’elemento principale dell’invenzione fu Pegaso, il mitico cavallo alato, condotto da un cavaliere.
Facevano parte della comparsa anche un fanciullo, che mostrava la testa di Medusa, e Mercurio, riconoscibile dal caduceo (caducco), il quale seguiva Pegaso a piedi. In mezzo a lor l’insegna poi veniva, / Bella di vista et al suo nome uguale, / Con la Giraffa di stupenda forma / Sopra d’un prato in mezzo alla sua torma, si conclude la descrizione della comparsa della Contrada di Via delle Vergini il Cortese. Probabilmente l’animale simbolico raffigurato nell’insegna era il pliniano camelopardalis e non già l’esotica e sconosciuta giraffa.
La sfilata continuò con la comparsa del Montone. Sul carro allegorico, ideato dal dottor Virginio Turamini, socio dell’Accademia degli Accesi, stava Giove Ammone (Monton Giove), rappresentato con capelli, barba, corna e piccole orecchie ferine, che era in compagnia di Bacco Re e delle Ninfe.
La comparsa del Montone fu riconosciuta la più bella. Perciò hebbe per premio il bel Tazzon d’argento ed ogni Montonaiolo fu così contento di quel masgalano che ne dé segno ad alta voce hor lieto viva / L’Aquila altera, ch’il Monton non schiva. L’inventione più apprezzata, invece, fu quella realizzata dalla Contrada del Drago con una comparsa di figuranti Egiziani e con una rappresentazione ispirata alle Hore onde il mondo si rinnova. Sopra il carro allegorico stava Cerere, la quale simboleggiava ovviamente Virginia. L’allusione più scoperta alla ragazza-fantino si coglie anche nel bel componimento poetico a stampa, e precisamente nell’ultima delle sei stanze cantate in lode de l’honorate Donne Senesi nel Carro de l’Inventione loro.
Il componimento era completato da tre "Madrigali cantati in musica, sul Carro, da l’HORE" e le rime si concludevano con l’auspicio che Virginia, definita ninfa fugace, potesse giungere vittoriosa in Campo Regio.
Purtroppo l’augurio non fu esaudito l’audacia di Virginia non bastò ad assicurare la vittoria alla sua Contrada.
La Contrada dell’Oca, presentatasi per sesta, distribuì un elegante foglio recante stampate quattro "Stanze cantate da Bellerofonte sopra il caval Pegaso". L’eroe che secondo la mitologia greca uccise la Chimera era il personaggio principale; ma facevano parte della comparsa anche altri personaggi classici, tra i quali spiccavano Orfeo, Apollo e le Baccanti, oltre a celebri filosofi e poeti.
Dopo aver sfilato con la comparsa dinanzi ai Giudici e marcato il putto (segnato il fantino), gli Ocaioli stranamente si rifiutarono di condurre alla mossa il loro barbero. Insorse tra i rappresentanti delle Contrade un’accesa polemica, finché, avendo il governatore Federigo Barbolani minacciato i responsabili di Fontebranda, avvertendoli che mandassin il Barber, ch’altrimenti / Darebbe il corso e ne sarien dolenti, anche il cavallo dell’Oca fu schierato insieme agli altri.
Settima ed ultima a sfilare fu la Contrada della Lupa, la quale si presentò con faccia allegra, con trionfo e gioia, / Senza aspettar l’inviti e le micine, / E per non dar col suo tardar più noia. I figuranti di Vallerozzi eron vestiti a fogge variate / A lor capricci, et honorati assai... Principale personaggio dell’invenzione fu Nemesi, la dea della vendetta, a simboleggiare i propositi di rivincita e di rivalsa della Contrada, che una settimana e mezzo avanti, in occasione del Palio rionale dell’Elefante, era stata scorrettamente ostacolata e privata di una possibile vittoria.
Sul carro allegorico tirato da due destrieri stava Apollo, che aveva accanto a sé una lupa in carne ed ossa. Precedevano il carro uno stuolo di indovini e l’alfiere con l’insegna della Contrada.
Anche il componimento poetico dei Lupaioli testimoniò al pubblico ed ai Giudici della Festa i loro propositi di rivincita: le quattro stanze recavano infatti il significativo titolo: "La saggia, e giusta Nemesi". La composizione fu dedicata agli Aquilini, chiamati Figli dell’Augel di Giove, e - come prescriveva la cortese tradizione del tempo - a le Belle, Virtuose, et Honorate Donne Senesi. Lungo il bordo decorativo il foglietto recava inciso il logo della Lupa con i Gemelli.
Al termine della sfilata di tutte e sette le comparse fu decisa l’attribuzione dei premi: il Valdimontone ebbe il masgalano, del valore di 20 scudi; il Drago, avendo presentato la più originale invenzione, vinse la collana del valore di 40 scudi, a cui poté aggiungere anche la borsa per il riscatto de’ prigioni; all’Oca e alla Lupa toccarono in sorte le doti per dar marito a due fanciulle.
Poi, finalmente, fu corso il Palio. La gara fu seguita da tantissimo pubblico, caldo ed appassionato. Ripiene si trovavon di persone / Finestre e loggie e palchi fatti in via / Da la porta Romana a Cattedrale, ma la maggior parte degli spettatori e dei contradaioli si accalcò per la strada. La mossa fu data con grida furibonde e il suon di trombe. Virginia, nel Drago, partì in testa, però alla fine la spuntò il putto della Contrada dell’Onda, anche perché fur fatti molti oltraggi e male agguati / Al barber del Dragone e a chi su v’era.
Per gli ammiratori della ragazza-fantino la sconfitta di Virginia rappresentò una cocente delusione!
Tuttavia, un’anonima poetessa ritenne opportuno esaltare ugualmente l’impresa dell’intrepida pastorella, giudicandola di poema degnissima e d’historia per aver consentito di dimostrare che le capacità femminili possono essere a quel dell’huom conforme.
Dunque il tentativo di Virginia di portare in Camporegio lo spiegato drappo d’oro in hasta fallì: una malvagia mano, o chi contrasta / Volentier d’alte imprese le negò questa esaltante possibilità.
Tuttavia in Camporegio non si drammatizzò ed il giorno seguente Virginia Tacci fu condotta a far mance per la città (Per impetrar per lei denari e doni) come si usava per i fantini vincitori. Addirittura il Drago partecipò alle trionfali manifestazioni del dopocorsa insieme all’Onda ed al Montone.
Esiste anche un’altra testimonianza su questo Palio: una seconda lettera del Governatore di Siena, che, a festa ultimata, si affrettò a scrivere al cancelliere granducale Serguidi per fargli un doveroso resoconto e tranquillizzarlo così sull’esito della manifestazione.
Federigo Barbolani volle testimoniare personalmente tutta la sua ammirazione alla villanella del Palio, donandole un bel cavallo. Il Conte di Montauto preferì tacere questo particolare al Serguidi; ma in Siena la cosa fu risaputa, perché l’anonima poetessa, autrice delle "Stanze in lode della fanciulletta nominata Virginia" poté scrivere che il Governatore veduto il gran pregio, e così raro, / D’esta Vergin nudrita in aspri boschi, / Sopra Destriero ad ogni prova buono, / D’eccellente Destrier le fece dono.
Anche Domenico Cortese, dopo aver dedicato alcune stanze "In lode di Virgina Tacci Corsiera al Palio di Giove per il Drago", concluse il suo "Trattato" accennando al cavallo donato dal Governatore Barbolani alla bella Corsiera.
Resta da dire che il 15 febbraio 1583 (MDLXXXII, secondo il calendario senese) il drappellone vinto dalla Contrada di Malborghetto fu dato in pegno ad un certo Ferrante detto "El Napoli". Questi aveva prestato all’Onda 40 scudi d’oro per rimborsare l’ondaiolo Pietro del Chinea dei soldi amorevolmente anticipati alla Contrada per metterla in condizione di figurare degnamente alla festa dell'Aquila.
Probabilmente l’Onda si disfece definitivamente del suo bel palio di broccato nel 1590, quando dovette pagare un fornaciaio che aveva fornito alla Contrada del materiale per la fabbrica dell’oratorio. Nel "Libro III C" si trova annotato che il 3 giugno 1590 l’Onda aveva deliberato di vendere alcuni oggetti di sua proprietà, e tra essi una tazza d’argento e fodera di palio a fregio con tutte le sue guarnizioni e perle che in esso fregio sono.
Da un inventario del 2 luglio 1592, fatto a ricordo di tutte le Robbe della Contrada dell’Onda, risulta che del drappellone vinto nell’agosto 1581 erano rimasti alla Contrada soltanto parte della fodera di taffetà cremisi e l'asta grande depenta rossa e gialla con un’Aquila di gartone.