A luglio il fantino che correva nella Giraffa, Santi Sprugnoli, "appena giunto all'imbocco della via San Martino scese da cavallo e si fermò nel mezzo della pista coll'intendimento forse di molestare gli altri fantini che correvano". Lo Sprugnoli non accettò la squalifica di un Palio e propose ricorso alla Procura che gli dette ragione.
La Giunta Municipale si inalberò alquanto, tant'è che nella delibera 542 si legge questa pronta reazione passata alla storia:
«Considerato che il giudizio assolutario per paret del Pretore del 1° Mandamento dalla contravvenzione in quella circostanza contestata al postulante Sprugnoli come fantino della Contrada della Giraffa non può esercitare alcuna influenza, perché l'Autorità Comunale è in dovere di applicare disposizioni speciali che non possono rientrare nelle ingerenze dell'Autorità giudiziaria;
Considerando che la mancanza commessa dal detto Sprugnoli, e per la quale fu punito da questa Giunta, resulta luminosamente provante, né può distruggerla un'asserita tendenza assolutoria del Pretore;
Considerando che amministrativamente il Municipio ha non solo il diritto, ma il dovere di punire i fantini che violano le disposizioni date alle Contrade e ai fantini in occasione delle corse in piazza Vittorio Emanuele ... ».
In sintesi, Palazzo si auto-dichiarò superiore all'autorità giudiziaria in merito a sanzioni disciplinari. Era il 1888 e dopo cento anni (nel 1989) arrivò la sentenza del TAR Toscana a suggellare un principio fondamentale per la storia del Palio: a Siena si fa, e si deve fare, come dice Palazzo.