Martedì sera la prova generale riuscì bellissima e di vivo interesse per la lotta accanita fra Tartuca, Chiocciola e Montone.
Quest'ultimo, partito con ritardo, al secondo giro riuscì a passare in testa e giunse primo per due buone lunghezze, seguito nell'ordine dalla Tartuca e dalla Chiocciola. Non parteciparono a questa prova i cavalli della Torre e dell'Istrice.
La corsa di ieri mattina ancora una volta meritò il suo titolo tradizionale di provaccia e fu vinta dal Montone.
Fin dal mattino la città presentava quell'aspetto insolito e quell'animazione caratteristici dei giorni del Palio.
I treni del mattino e il continuo arrivo da ogni parte di automobili e carrozze, avevano riversato nelle nostre vie una folla innumerevole, aggirantesi fra le strade tutte imbandierate, in attesa di godersi lo spettacolo.
Sarebbe superfluo che noi ripetessimo la descrizione della nostra magnifica piazza nel momento del Palio e riferissimo ancora una volta come si svolse l'imponente corteo.
Quest'anno lo sfilamento fu assai ordinato e ciò non fece che accrescere l'impressione ammirativa, specialmente dei forestieri.
Allorché, dopo lo sparo, i cavalli uscirono dal Palazzo municipale per avviarsi al canape, nella folla si manifestò quella vibrazione di ansia che finisce per conquistare anche coloro che, essendo giunti di fuori, sono assolutamente indifferenti all'esito della corsa.
I cavalli furono chiamati al canape nell'ordine seguente: Selva, Giraffa, Istrice, Tartuca, Aquila, Lupa, Torre, Chiocciola, Unicorno e Montone.
Data la mossa colla consueta abilità dal dott. Pasquale Meucci, l'Istrice prese la testa del gruppo, seguito dalla Tartuca e dalla Giraffa. In questa posizione venne percorso il primo giro.
Al secondo, la Giraffa tolse il secondo posto alla Tartuca, mentre il Montone che era scappato sesto, giungeva a toglierle anche il terzo. Malgrado gli sforzi accaniti degli inseguitori, l'Istrice rimase in testa, giungendo primo per una buona lunghezza sulla Giraffa e sul Montone, rispettivamente secondo e terzo.
Subito dopo avvenuto lo sparo indicante la vittoria, la folla scavalcò le staccionate e dalla Piazza e dai palchi invase la pista, circondando i fantini e i cavalli.
Il fantino della Torre che non era riuscito a frenare l'impeto del proprio animale, cadde a terra e fu subito raccolto a braccia da molti torraioli che lo accompagnarono alla Pubblica Assistenza. Egli non si era fatto alcun male.
Gli istriciaioli fra alte grida di giubilo si aggrupparono in massa sotto il palco dei giudici per ricevere il Palio.
Una fiumana di popolo, preceduto dal Palio, dal fantino e dal cavallo, si diresse, fra lo sventolìo delle bandiere e il rullo dei tamburi nel rione vittorioso.
Quando il corteo esultante giunse in via Camollia, già da tempo vi era pervenuta la lieta notizia e le campane della chiesa della contrada suonavano a distesa.
Il Palio fu portato nella chiesa, dove il vicerettore don Ferdinando Lotti cantò un Te Deum di ringraziamento. Ben presto arrivarono nel rione innumerevoli visitatori, specialmente forestieri. Uno dei primi fu il generale Fara con la sua signora; anche tutte le notabilità cittadine fecero atto di presenza.
Il ricevimento ebbe luogo nella sala delle vittorie. Fra i molti Palii, ivi conservati, erano oggetto di particolare ammirazione, quello grandioso vinto dall'Istrice il 17 agosto 1842 nella corsa, a cui parteciparono tutte le contrade, e quello del 22 settembre 1896, nella circostanza dell'inaugurazione del monumento a Garibaldi.
Gli onori di casa erano fatti con ospitale signorilità da tutti i componenti il Seggio della contrada, signori nobil Brancadori Angelo, priore; conte Gherardo Spannocchi, capitano; Ferrini Arturo, economo; Zazzeroni Giuseppe, cancelliere; Bianciardi Oreste, camarlingo; Bischi Angelo e Cinci Carlo, consiglieri.
Vennero stappate numerose bottiglie di champagne, brindando alla vittoria della contrada e ai suoi trionfi avvenire.
Il fantino, il noto Meloni Angelo, soprannominato Piccinetto, nativo di Sorano, era fatto segno alle espansive manifestazioni di simpatia da parte dei bravi popolani. Anche il cavallo ebbe, come dovere, la sua parte di attenzioni.
Nella via Camollia, illuminata con bracciali e padellette, veniva offerto da bere a tutti i passanti. Mentre una musica cittadina suonava scelti ballabili, si svolgevano le danze entro qualche portone ed anche in mezzo alla strada.
La festa per la trentesima vittoria dell'Istrice si è protratta fino a tardissima ora fra la più viva animazione e la più schietta allegria, senza essere turbata dal minimo incidente.
Quest'oggi la rappresentanza della contrada, col fantino e il cavallo, ha fatto il tradizionale giro della città ed è stata accolta ovunque da manifestazioni amichevoli.
Fino dalle ore antimeridiane del primo luglio la bandiera tricolore sventolava festante sul fronte della Chiesa della vetusta Collegiata di S.Maria in Provenzano; alle ore 15 i Vespri solenni iniziarono la festa annuale nello storico tempio, ornato delle sue preziose supellettili, decorato delle bandiere votive e da quelle delle 17 Contrade che facevano corona al Palio da corrersi il giorno 2 in Piazza del Campo.
Dalle prime ore del mattino fino a sera della giornata di ieri fu grandissima l'affluenza dei cattadini e dei forestieri al tempio plebano, che alle ore 10, alla messa solenne, ufficiata dall'arciprete don Casagli, era letteralmente gremito.
In corum evangeli, nel presbiterio, assisteva il Rettore dell'opera di Provenzano cav. avv. Anton Francesco Gamberucci cui furono resi gli onori dovuti al suo grado.
La messa, musica dei maestri Bernini e Biagi, fu eseguita alla perfezione dai cantori della Metropolitana e da alcuni musicisti senesi con accompagnamento di quartetto a corda riforzato ad armonium, al quale sedeva il maestro Pietro Viviani: il maestro don Carlo Biagi sostenne la concertazione e la direzione di tutto il grandioso servizio.
Il tenore Alfredo Pieraccini ed il baritono Porciatti si rivelarono ancora una volta solisti accurati e di bella dicitura.
Molto bene il tenore Vittori ed il basso Enrico Casini.
Il Porciatti in fine missae cantò con effetto una bellissima preghiera in volgare del prelodato maestro don Carlo Biagi, per la quale insieme all'esecutore riportò i più meritati encomi.
Alla sera, corso il Palio, la Contrada dell'Istrice con una folla di popolo, con tamburi e bandiere si recò in Provenzano a cantare il tradizionale ringraziamento per la riportata vittoria.