La beffa di Aramis, sceso dalla sua Contrada perché lui voleva vincere il Palio. "Rondone prese i soldi per perdere. Aceto per avere spazio tra i canapi non mi detto neanche un centesimo, Lazzero ebbe la sua grande occasione ma sbagliò tutto" (di Giovanni Ciappelli)
"Io quel Palio lo volevo vincere. Quella manovra non l'avrei fatta, per quello mi smontarono”. Può suonare come la consueta spiegazione col senno di poi che un fantino dà quando non è andata bene. In questo caso però ci potrebbero essere elementi concreti a sostegno della tesi presentata.
Chi parla è Costiero Ducci, fantino passato alla storia del Palio come Aramis, tre sfortunate apparizioni nelle tre carriere del 1972 con Pantera, Istrice e Oca.
Da Firenze, dove vive da tempo e dove per anni ha avuto in cura i cavalli del Reparto a cavallo della Polizia Municipale, Aramis ripercorre la sua esperienza paliesca, non solo in Piazza ma anche a contatto con tanti protagonisti degli anni Sessanta e Settanta.
In particolare, torna con la memoria anche su un Palio che, per quanto lo riguarda, non risulta agli annali.
16 agosto 1973: è l'anno dell’epifania di Panezio, che dopo aver vinto a luglio nella Lupa vince scosso nell’Aquila, ed è anche una delle tante occasioni mancate dalla Torre di Artemio Franchi, con la Chiocciola terzo incomodo della corsa.
Quella Carriera Aramis avrebbe dovuto correrla, da fantino di Contrada, proprio in San Marco: "lnvece a luglio montarono Canapetta. Ad agosto c'ero io e mi facevano tante promesse, il capitano era Mario Bruttini. Grande dirigente e grande uomo, però non mi disse le cose come stavano realmente: aveva in ballo tanti soldi che gli arrivavano da Artemio Franchi per favorire la Torre in partenza, ma io quella manovra non l'avrei fatta. Io volveo andare a vincere".
Costiero viene smontato la sera della Prova Generale in favore di Rondone, che il giorno dopo dal primo posto fiancherà in direzione dei palchi alzando tre contrade e lasciando sfilare Canapetta su Marco Polo nella Torre.
“Quando Rondone racconta della sua Carriera dice sempre che è stato sfortunato — aggiunge Aramis — ma è un ottimo attore: lui in tutti i Palii ha sempre preso soldi!". Le chances di vittoria per la Chiocciola, poi battuta al bandierino da Panezio scosso, risiedevano principalmente in Orbello, reduce da due vittorie nei due anni precedenti. Su di lui Costiero Ducci non ha dubbi: “Il miglior cavallo di quell’epoca” e il giudizio è impegnativo se si guarda a chi correva in quegli anni.
“Orbello un diesel? Macché... Guardate il Palio del luglio 1974: Rondone nel Bruco ci parte primo e gira in testa a San Martino”.
Valutazioni fatte anche sulla base di una conoscenza che non può non aumentare i rimpianti: “Nel 1973 Pietro Fontani mi fece montare Orbello per due mesi a Pian delle Fornaci prima dei Palii. Lo conoscevo perfettamente: era un cavallo che se non gli chiedevi niente andava piano, come lo sollecitavi partiva. lo nelle prove che ho fatto nella Chiocciola mi ci divertivo, però poi arrivava il Bruttini: ‘Costiero per le prove non ti far vedere, vai piano'. Piano una sega! Il rapporto con la dirigenza si sfalda e porta a una sfiducia che per Costiero si trasforma poi nel definitivo allontanamento da Siena: “C'erano situazioni che non mi piacevano e dissi basta”.
Costiero smette di essere fantino del Palio proprio quando viene scritto il primo capitolo della leggenda di Panezio, cavallo che Costiero ha conosciuto in tempi non sospetti: “Andavo spesso da Canapino, che era del mio stesso paese, Acquaviva, e montavo anche Panezio, ancor prima che arrivasse in Piazza. Se voleva era cattivello, metteva il capo tra le gambe e sgropponava e rischiavi di volare giù. lo però avevo imparato a capirlo. Una specie di ciuco per le Prove, che diventava tutto un altro cavallo per il Palio? Non credo a questa diceria, semplicemente nelle Prove lo mandavano piano”.
Quella leggenda è spesso complementare negli stessi anni a quella di Aceto, che con Panezio segnerà un “triplete dell’Assunta” a metà anni Settanta — accoppiata vittoriosa nella Selva nel 1974, nella Chiocciola nel 1975 e nella Civetta nel 1976. Costiero è tra coloro che lo ha incontrato per la prima volta anni prima, quando era solo Andrea e non Aceto.
Successe grazie a babbo Priamo Ducci, detto Morino, uno dei cinque fantini esordienti della prima carriera del dopoguerra, il 2 luglio 1945, ben inserito nel giro dei cavallai di quel tempo: “Andrea l’ho conosciuto nel 1962, aveva 18 anni. Mio babbo - racconta Aramis - frequentava spesso l'ippodromo delle Capannelle a Roma ed era in contatto con Pietro Palmieri che aveva una grossa scuderia, la Razza Spineta. Un giorno chiese a Palmieri se avesse un fantino giovane per fargli fare una corsa in provincia; lui gli rispose che aveva un ragazzo sardo che era la fine del mondo”. Un diciottenne che aveva già quel carattere che poi è stato il tratto distintivo di Aceto: “Venne a stare una settimana a casa nostra: era già sicuro che sarebbe diventato un grande fantino, ce lo diceva”.
Il rapporto col futuro Re della Piazza è comune ad altri protagonisti del Palio che hanno avuto a che fare con lui: fuori da Piazza c'era Andrea, a cavallo c'era Aceto.
“Quando esordii nella Pantera a luglio del 1972, con Aceto non ci si parlava granché. Sapevo che quel Palio era fatto per lui nella Tartuca e mi aspettavo che mi desse qualcosa. Va bene che io ero al primo Palio e avevo Topolone che non andava più, però non mi dette neanche un centesimo. Tra i canapi diede tre milioni a Parti e Vai nel Leocorno per avere spazio, a me nemmeno centomila lire!”.
Giù da cavallo però Andrea rimaneva spesso ammirato dall'abilità di babbo Priamo “che era un genio - ricorda con orgoglio Aramis -, sapeva cambiare completamente un cavallo”.
C'è un curioso episodio che racconta molto di entrambi i personaggi: “Andrea ci telefonò a casa, ci disse che aveva un cavallo in società con Lazzero che non voleva tenere e ce lo avrebbe voluto vendere. Andammo da lui ad Asciano e per centomila lire ci cedette il cavallo, che si chiamava Avviso, e ci aggiunse anche un'auto, una Austin 40... Quando lo portammo a casa, babbo si accorse che questo cavallo aveva i piedi tutti storti davanti. Chiamò il maniscalco e gli disse come doveva operare. Dopo la prima ferratura il cavallo era perfetto". A quel punto viene organizzato un "test drive" proprio per Aceto: “Dopo qualche settimana babbo richiamò Andrea. 'Lo monteresti Avviso a Monteroni?' e lui accettò.
Ci trovammo io e lui a correre contro nella corsa a 2000 metri: babbo me lo disse chiaramente, doveva vincere Aceto. Facemmo quattro giri appaiati, lui allo steccato io di fuori. Montavo un buon cavallo e sull’ultima dirittura misi il capo avanti: Aceto mi dette un'occhiata perché sapeva dell'ordine del babbo. lo volevo vincere... però ripresi il cavallo in mano e vinse lui”.
Il finale della storia arriva qualche mese dopo: “Una mattina presto vediamo arrivare Andrea al nostro podere: ‘Rivendimi il cavallo’. Aveva già portato il camion!”. Costo del riacquisto? “Novecentomila lire, nove volte di più. Rividi il cavallo alle corse di Pasqua ad Acquaviva: gli guardai la ferratura, era di nuovo storto davanti...”.
La storia di Costiero potrebbe suonare amara per ciò che ha vissuto nel Palio, tre Carriere corse e tanti rimpianti ("quando corsi nell’Istrice bastava che la stalla lasciasse il cavallo a posto, invece...”).
Va in realtà letta come quella di un addetto ai lavori che, seppure senza tante occasioni in Piazza, è stato parte di un mondo che oggi è forse irrimediabilmente perso nella sua essenza, un po' per la naturale evoluzione delle cose e un po' per altri fattori.