1424, circa - Il giuoco delle Pugna in un racconto di Gentile Sermini
Vi parteciparono, insieme con altre schiere, le Contrade della CHIOCCIOLA, della GIRAFFA, dei POLLERI, QUE' DI VAL PIATTA e la Brigata dello ZOCCOLO.
Le novelle hanno quasi sempre un fondamento di verità. Per questo la vivace descrizione di un Giuoco di Pugna !asciataci dal novelliere Gentile Sermini, vissuto nella prima metà del secolo XV, può darci un aiuto per individuare l'epoca approssimativa dell'origine delle moderne Contrade. Si tratta della VII novella, intitolata "Apre al Giuoco delle Pugna ", databile al 1424 circa.
Abbiamo già visto come tra i giuochi senesi più antichi vi fosse quello delle Pugna: una gara "manesca", derivata dal più antico e cruento Giuoco delle Elmora o dei Cestarelli. Il Giuoco, per molti secoli, costituì il principale divertimento della gioventù senese. I pugilati collettivi erano ammessi come passatempo non soltanto per abituare i cittadini alla battaglia, ma anche per consentire alle fazioni di sfogare le loro antiche rivalità.
Il racconto del Sermini ha importanza proprio perché per la prima volta tra la ripetizione delle grida, degli insulti e degli incitamenti, che contendenti e spettatori si scambiano durante le Pugna, oltre a vari gruppi di combattenti e ad una non meglio specificata "brigata del Zoccolo" contrastata dai "Polleri" (forse gli uomini della Contrada del Gallo, o Pollo) sono nominate una volta la schiera della Chiocciola, due volte quella della Giraffa e, infine, "que 'di Val Piatta", cioè gli uomini della Contrada della Selva.
La vivace descrizione del novelliere non si può riassumere. Ne riportiamo perciò alcuni brani significativi per cogliervi le Contrade, che gli anonimi protagonisti della novella, mentre assistono al giuoco, chiamano per nome, quasi con entusiasmo, pregustando evidentemente lo scontro e la vivacità della mischia, di cui non sono semplici spettatori...
Apre apre apre: chi gioca, chi gioca? uh, uh! a Porrione a Porrione. Vielà vielà, date a ognuno. Alle mantella, alle mantella. Oltre di corsa; non vi fermate. Voltate qui: eco costoro; fateveli innanzi.
Vie là vie là: date costì. Chi la fa? io; ed io. Dagli; ah ah, buona fu! or così: alla mascella, al fianco. Dagli basso, di ponta di ponta. Ah, ah, ah, buon gioco, buon gioco! Sparte; tu ti lassi sopraffare: manigoldo da' a lui. Or così; totti quella; mena tondo, non ti restare; vagli addosso all'appiccatoio, fratello. Orsù agli altri, Corrite qua; parate, parate. Eccogli alla Costarella; dinanzi, dinanzi, garzoni; che vi nasca il vermocane; riparate qua. Su alla costa: non vi restate; su date a ognuno. Acquistate terreno; tirate giù, giù.
Ahi! chi è? Dagli. Or così: buona fu testa. Ah, ah zombategli zombategli! Tu fai mal gioco: spartiti. Alla barba l'arai. Oh tu dài quando dico i' sparte? Menti per la gola. Or totti quella. E tu quest'altra. Ah, ah, pagati! Ecco la brigata del zoccolo; al Casato. O Polleri, dinanzi che non saglino; che se v'entrano, non se ne cacciaranno stasera ( ... ).
Or oltre: date qua; date, date. Or costì bene: al mezzame, suona. Coglie colui che è tramortito; sfibbiatelo; sfibbiatelo, ch'affoga: egli sta mal qui; portatelo alla casa. Orsù io ti prometto ch' egli ebbe un mal pugno: egli è diventato tutto livido. Ecco la schiera della Chiocciola. Ponetel giù; chi 'l vol portare se 'l porti. Riparate che non passino. Dinanzi, dinanzi; eccogli; ecco noi ( ... ).
Vie là, vie là, a Porrione, a Porrione. Dinanzi alla fonte; che non passino: e' non passeranno, se noi dovessimo esser tutti pesti. Fateci largo, e lassate fare a noi. Menate le mani. Non vi stregnete, attorneategli, e macinate la galla. Dà, dà, dà. Or così, or così: cacciateli. Là, là, là. Che è, che è?
Ecco la schiera della Giraffa: ecco noi. Oh! oh! oh! qui sarà altro che parole! Alla costa, alla costa: riparate, a porta Salaja che non salghino. Dà, dà. State sodi; tirateli giù: non so che vi farete. E noi 'l sappiamo noi. Ecco que' di Val Piatta. Giù, giù; vie là, date a ognuno. Ah, ah; dagli! buona; vedestù mai più bel pugno di quello? Sì per ch 'l dé, ma per ch 'l ricevette. Guarda begl'occhi, e belle mascelle! Ben ti so dire che s'è fatta qua una bella riotta di cinquanta per parte a un tratto, che s'erano sfidati, e dicoti ch'ognuno ha perduto, e nissuno non ha vinto. Guarda come son conci; e non ve n'ha quattro che mangino in questo carnasciale niente ( ... ).
Ce n'ha dugento o più che di questo mese non guadagneranno denajo, per aver guasto chi le mani, chi le braccia, chi le mascella, chi la spalla, e chi qualche costola del petto; e chi è tutto pesto, e chi tramortito( ... ). Domattina si vedranno i begli occhi, i nasi e le mascelle, e braccia al collo. O egli è usanza. Vero è; ma è cattiva. O ragioniamo d'altro. Ecco quattro schiere che hanno deliberato vincere la costa: non so che si sarà. Eccoli. Su su.
O! o! o! e' sono un migliajo. Apre, apre, apre. Alla costa, alla costa; vie su, vie su; parate qui; stregnetevi insieme, che non passino. Su su, attaccatevi a loro, e tirateli giù ( ... ). Ecco due schiere di nuovo per Porrione. Al Casato, al Casato. Vielà dinanzi, dinanzi ( ... ). Eccola la schiera della Giraffa, che saglie dalle Tine. Facciamoci lor' incontra. Vie giù: da' da' a ognuno...
Verso sera si contarono le perdite e fu fatto il bilancio del nobile giuoco: stomacate, fiancate, tempiate, e sconciamenti d'ossa, di mani, di braccia, di costole e di mascelle... Fu un vero macello! Infine il narratore così concluse:
Tu vedrai domattina le belle occhiate, i bei visi scialbati, e' belli cestoni; e quante mani e braccia al collo, e quanti denti meno. e quante stomacate dentro; che non si vedranno che di qui a qualche mese. Non dico delle costole piegate, né delle fiancate sorde, né delle spalle fiaccate; che se ne sentiranno una frotta di dì; nè de' poveretti artigiani, che colle braccia loro conviene reggersi, che non potranno far niente.
Or vedi; così va: altro non si guadagna in questo giuoco. Così facemmo noi quando eravamo più giovani. Lassa fare a loro mentre che 'l sangue lor' bolle. Se si potesse vedere, di questo giuoco, prima che sia Pasqua, ne morirà da sei in su. Sai come sta il fatto? sempre se ne nasce e sempre se ne muore. Vogliam che sia così e così sia.
Al racconto di Gentile Sermini non si può dare il valore di una vera cronaca, tuttavia esso costituisce ugualmente una testimonianza che le Contrade ed i contradaioli esistevano già nella prima metà del XV secolo.
In appendice alla novella si legge un breve componimento poetico, dove, con pochi versi, il Sermini dipinge il carattere ''balzano'' dei Senesi del Quattrocento: Chi vedesse azzuffar costoro in piazza / Con tanta pertinacia per la parte, / Avendo mille carte / Non crederia che non fusser nimici, / E l'altro dì son fratelli ed amici.
E lo stesso spirito che anima i contradaioli di oggi.